L’insicurezza e il suo antidoto

Possiamo definire “insicurezza” lo stato ansioso, vago, di chi si sente esposto al pericolo o minacciato da esso.

Di contro la sicurezza è uno stato di equilibrio conseguito mediante il soddisfacimento dei bisogni di affezione, protezione, sia nell’abiente famigliare che in quello sociale. Quando questi bisogni non sono appagati si ha il sentimento di insicurezza, che può condurre a gravi stati ansiosi.

E’ stato riscontrato che pratica del pugilato rappresenta per alcuni atleti un modo di superare l’insicurezza del loro carattere. Per questi individui il pugilato acquista quindi una valenza terapeutica. Infatti praticando la boxe l’atleta si pone in situazioni di stress tali da indurlo a sentire in modo particolarmente accentuato la esigenza di raggiungere autonome abilità gestionali da mettere in atto al momento opportuno. la vittoria in un incontro provocherebbe nell’individuo inscuro uno stato di benessere e di soddisfazione tale da indurlo a ripetere la competizione agonistica per verificare le sue capacità di sofferenza e di sopportazione in vista di determinate met, che la sua insicurezza iniziale sembrava precludegli.

Il pugilato presuppone un rapporto particolarmente significativo fra coloro che lo praticano e le situazioni agonistiche in cui vengono a trovarsi. Una minima incerteza nelle azioni di attacco e di difesa può procurare nei pugili, più che in altri atleti, immediate conseguenze negative sia tecnico-agonistice sia anatomo-funzionali. Nel pugilato dunque l’insicuro si abituerebbe a dosare le sue forze, ad equilibrare e alla luce delle sue esperienze sportive imparerebbe a dare un significato alla sofferenza ed agli ostacoli volitivamente affrontati. Verrebbe così acquisita la sicurezza e la consapevolezza di sapersi e potersi difendere, se necessario, anche nel ritmo quotidiano della vita. Il pugilato può contribuire quindi validamente e specificatamente a ridurre il complesso di inferiorità che tanto spesso caratterizza l’individuo insicuro, attraverso la ripetitività di situazioni d’esame che sono abitualmente vissute con notevole ansia, ma che vengono gradualmente sdrammatizate dall’esperienza sportiva.

L’aggressività

L’aggressività

E’ questo un concetto solitamente abusato da coloro che combattono vere e proprie crociate contro questo sport.

infatti la boxe essendo caratterizzata dallo scontro fra due individui tendenti a prevalere l’uno sull’altro, sia pure nel rispetto di regole predeterminate, sembra dare adito alla esplicazione di una forma di aggressività così prorompente da essere considerata da molti esclusivamente nel suo aspetto brutale e vilento.

Riteniamo perciò opportuno approfondire il significato del termine aggressività secondo le principali teorie.

a) quella psicanalitica, che riproduce l’aggressività alle vicessitudini degli istinti;

b) quella dell’apprendimento sociale, che la fa corrispondere ad una vaietà di condotte socialmente determinate e pertanto apprese ( Bandura);

c) quella della frustrazione- aggressione delucidata da Dollard,Millere e Coll. , che conferisce alla aggressività un carattere puramente reattivo.

Ancona cerca di ravvicinare le prime due contrapposte teorie considl’aggressività come una variabile pluriarticolata determinata dall’integrazione fra sistemi di natura istintule e quelli di natura interazionale e cioè appresi. da questo punto di vista l’aggressività è profondamente canalizzabile e può trasformasi in un pricipio di progresso se coadiuvata da un processo educativo che la fa divenire un esercizio globale ed ordinato delle strutture psichiche. Si ha una aggressività creativa alla cui formazione può contribuire anche lo sport, che impone all’atleta di estrinsecare l’energia istintiva in comportamenti controllati e finalizzati.

Il potenziale aggressivo rappresenta comunque la molla fondamentale dell’agonismo, che risponde all’esigenza spontanea dell’uomo di misurarsi con la natura, con il prossimo e con se stesso.

Fromm sottolinea la diversità esistente tra l’aggressività, che per sua natura è neutra e volta all’affermazione positiva dell’uomo, e la distruttiva che costituisce una deformazione stimolata da processi culturali patologici.

L’aggressività è quindi la nostra forza vitale e non dovrebbe essere repressa, bensì piuttosto gestita, cioè educata e amministrata.

Considerando l’aggressività un elemnto presente ed insostituibile nella dotazione psichica di ogni individuo è evidente che lo sport, ed il pugilato in particolare, no la promuve nè la esagera, ma la socializza entro forme di comportamento accettabili e ricche di contenuti educativi potenziando nell’adolescente le istanze psicologiche deputate a gestire l’autocontrollo.

A prescindere dalle numerose teorie motivazionali esistenti, nel caso specifico del pugilato riteniamo particolarmente pertinenti quelle più nuove, che partono pricipalmente da un concetto di base intezionalista e interazionista.

Secondo queste teorie” si tiene conto di, si pongono, si aspira a mete; le situazioni vengono intepretate e poi ricercate o evitate, vengono anticipate reazione del partner come conseguenza del proprio agire, o considerate nel processo stesso dell’azione come capaci di modificarsi. Le esperienze relative vengonoaccumulate e rappresentano una parte dei sistemi meta generalizzati e dei modelli di azione”.

L’atleta che si dedica al pugilato addestrerebbe le proprie facolta cognitive, quali intuito e ragionamento, abituandosi a considerare le proprie capacità e quelle del’avversario, proponendosi scopi gratificanti, vagliando le situazioni in modo da volgere in suo favore, tenendo conto delle possibili azioni del sua antagonista pur nella loro eventuale modificazione durante il combattimento. le esperienze acquisite nella pratica di questo sport porterebbero quindi il pugile non solo ad ottimizzare le sue performace, ma anche ad un poteziamento delle sue capacità intuitive, volitive e reazionali, verificabili in contesti spesso diversi da quello sportivo.

A conclusione di quanto sin quì esposto sembra di poter asserire che nella boxe la vittoria di un atleta sull’altro, anche quando ottenuta con il KO, non rappresenta mai l’intrisecazione di una energia istintiva e violenta.

L’aggressivita per i pugili non è fine a se stessa. Al termine del combattimento, infatti, tra vincitore e vinto c’è un brusco ritorno ad una piena e sorridente socievolezza e ad un comportamento spontaneo che ha bruciato ogni residuo di reciproca ostilità.

aspetti psicologico- sociale del’avviamento al pugilato

Il pugilato come ogni altro sport implica motivazioni, problematiche, obiettivi davlutarsi con modalità pluriarticolati, tenendo conto cioè sia delle pecularietà di tale disciplina, sia delle esigenze chpossono motivare nei giovani la preferenza dlla boxe.

perchè prmuovere il pugilato? Gli sudi effetuati in proposito hanno evidenziato numerosfunzioni educative assolte dalla sua pratica che possno essere cocì sintetizate:

1) il pugilato canalizza in senso costruttivo l’agressività;

2) il pugilato costituisce un antidoto ne confronti dell’inicurezza;

3) il pugilato promuove e valorizza lo sviluppo psico-sociale dell’adolescente.

 ( continua)